L’ecografia è un test diagnostico non invasivo che fornisce molte utili informazioni sulle condizioni di salute degli organi interni e pertanto viene utilizzata per la diagnosi di una vasta gamma di disfunzioni e patologie, nonché per la valutazione delle condizioni del feto nelle donne in gravidanza.
Sebbene a tutti, prima o poi, capiti o sia capitato di essere sottoposti ad una ecografia, non è automatico sapere come, in realtà, funziona. Questo metodo diagnostico utilizza come “mezzo” di lettura onde sonore ad alta frequenza per riprodurre su uno schermo immagini delle strutture interne del corpo.
La maggior parte delle ecografie si effettua adoperando un ecografo (un dispositivo che funge da sonar) esterno, ma in alcuni casi tale strumento viene inserito all’interno del corpo. Un esempio è l’ecografia transvaginale, ma non solo.
Consideriamo, infatti, che questa tecnica viene impiegata anche in ambito chirurgico o radiologico, per meglio “mirare” gli interventi. Le onde sonore indirizzate verso alcune zone del corpo, producono degli “echi” diversi a seconda della forma e della struttura dell’organo o del tessuto che incontrano, e tali echi vengono “letti” per immagini.
Ma vediamo perché e quando il nostro medico di famiglia o lo specialista possono prescrivere un esame ecografico.
Perché serve
Dal momento che l’esame ecografico permette di “dare un’occhiata” agli organi interni in modo non invasivo e rapido, può essere prescritto per una valutazione primaria di molte patologie o condizioni da monitorare. Ma vediamo quelle più comuni:
Per osservare utero e ovaie nelle donne in stato di gravidanza e valutare l’accrescimento del feto
Diagnosticare calcoli biliari o renali
Osservare il flusso sanguigno nei grossi vasi (vene e arterie)
Evidenziare une neoformazione nel seno
Analizzare la ghiandola tiroidea
Rivelare anomalie nella vescica
Diagnosticare alcuni tipi di cancro
Individuare anomalie, malformazioni, cisti o noduli nell’apparato riproduttivo femminile (utero e ovaie)
Individuare anomalie nella prostata
Fungere da “guida” in caso di biopsia o in trattamenti mirati per alcuni tipi di tumore
Una delle ragioni per cui questo metodo è così ampiamente prescritto è la sua economicità, seguita dalla sicurezza. Non è un caso se spesso un’ecografia rappresenta il primo – e decisamente attendibile se ben eseguito – test diagnostico, da far seguire solo se necessario da altri esami più precisi ma anche molto più costosi, come ad esempio la TAC o la risonanza magnetica.
Ma l’ecografia, comporta dei rischi?
Rischi
L’ecografia è considerato un esame del tutto sicuro. Dal momento che il mezzo diagnostico utilizzato non sono le radiazioni ma onde sonore, il rischio che si corre durante la procedura è pari a zero. Proprio per il loro basso impatto, gli ultrasuoni hanno, però, dei limiti, perché non possono oltrepassare la barriera costituita dalle ossa, e non sono in grado di “leggere” gli organi e gli apparati in cui sia presente del gas. Per questo spesso è necessario associare questo metodo di indagine diagnostica ad altri quali la radiografia, la scintigrafia, la TAC, tutti esami che al contrario qualche minimo rischio lo comportano.
Ma vediamo come ci si deve preparare prima di sottoporsi ad un esame ecografico.
Preparazione
A seconda della zona del corpo da analizzare con gli ultrasuoni, può essere richiesta una preparazione all’esame ecografico, oppure no. I casi in cui questa preparazione è richiesta sono i seguenti:
Ecografia addominale. La preparazione per questo tipo di ecografia è più complessa. Tre giorni prima della data fissata si dovrà seguire una dieta particolare priva di scorie, il che implica l’eliminazione temporanea di cibi ricchi di fibre o meteorici come legumi, verdure e frutta, latte. Sono permessi la carne e il pesce, la pasta ma non il pane. In associazione alla dieta, è richiesto di assumere un prodotto medicinale anti gas, a scelta. Questo perché, come anticipato, la presenza di gas intestinale impedisce agli ultrasuoni di arrivare agli organi. Il giorno dell’esame ci si dovrà poi presentare digiuni da almeno 6 ore, ma con la vescica piena